giovedì 17 dicembre 2015

CORSO DI LANCIO TECNICO E DI COSTRUZIONE 2016

APERTE LE ISCRIZIONI PER I CORSI BASE DI LANCIO TECNICO E DI COSTRUZIONE ARTIFICIALI del Mosca Club Piacenza 

Dopo i successi riscontrati dagli ultimi corsi svolti, informiamo che, nel mese di febbraio 2016, verrà organizzato un nuovo corso-base di lancio tecnico e costruzione artificiali per principianti.



Chi  fosse interessato a partecipare ed apprendere uno dei metodi di pesca tra i più belli che esistano può passare presso la nostra sede aperta tutti i venerdì sera dalle ore 21.30 in poi, in via Alberoni, 37 a Piacenza o telefonare ai seguenti numeri:

-Roberto Vallisa: 0523-452488 (Ore ufficio)
-Francesco Guardabassi: 335-6610597
-Alessandro Gnocchi: 338-4911267
-una e-mail a moscaclubpc@gmail.com
Il corso di lancio si svolgerà in ore serali (21,00 -23,00) il lunedì ed il mercoledì presso la palestra della scuola elementare Mazzini, via Gregorio X, 10 a Piacenza (alla palestra si accede da piazza Cittadella)  per un totale di cinque lezioni e nei venerdì successivi presso la sede del club per quanto riguarda l’insegnamento dell’arte di costruzione delle mosche.
I nostri istruttori,  qualificati ed iscritti all’albo dell’Unione Nazionale Pescatori con la Mosca,  si metteranno a disposizione degli allievi per trasmettere le nozioni ed i piccoli segreti, indispensabili per imparare a pescare con la coda di topo. Il Mosca Cub Piacenza provvederà ad equipaggiare gli allievi di tutta l'attrezzatura necessaria alla partecipazione dei corsi.
Le serate in palestra saranno precedute da una serata propedeutica di teoria presso la sede sociale in via Alberoni, 37 a Piacenza.

PROGRAMMA CORSO:

In sede       :  Presentazione corso specifiche su attrezzature, finali, nodi etc.
In palestra : Impostazione tecnica e teoria del lancio
In palestra : lancio verticale
In palestra : lancio verticale
In palestra : lancio verticale
In palestra : Volteggio e allungo

Corso Base di costruzione artificiali

mercoledì 18 novembre 2015

7° CAPITOLO Come costruire una canna di bambù a modo mio. Articolo di Marco Schiavi


Concludiamo con il settimo ed ultimo capitolo di questa interessante guida.


FIRMA ED IDENTIFICAZIONE DELLA CANNA


A questo punto appongo firma, nome e caratteristiche principali della canna (se cava aggiungo la dicitura HF, lunghezza, coda, anno di costruzione ed eventuale n° di canna uguale) . Uso inchiostro di china e scrivo a mano (abbastanza male). Il risultato si vede parzialmente nella foto 61.


PROTEZIONE DELLA CANNA (*)
Durante le fasi successive alla tempra e fino a questo punto conservo la canna in un tubo, con tappo e guarnizione, contenente gel di silice con indicatore(£)(foto 54) per evitare che il bamboo temprato/seccato riassorba dall’atmosfera umida dello scantinato buona parte dell’acqua d’impregnazione persa. Forse sarò un po’ fissato sull’argomento (da chimico ormai in pensione), ma, visto che costa così poco farlo, lo faccio. Inoltre non ho i pezzi di canna in giro per il laboratorio e gli evito cadute o urti accidentali.

(£) Il gel di silice esausto (indicatore schiarito) si rigenera ponendolo in un contenitore aperto in stufa a 120-130°C  fino a sua completa ricolarazione blu.

Foto 54 – in ordine da sinistra : tubo, gel di silice abbastanza secco, quasi esausto

A questo punto, visto che vernicio la canna con vernici all’acqua (può essere un controsenso con quanto appena detto per l’umidità), prima di procedere rivesto la canna con gommalacca (shellac). Questo trattamento con shellac mi consente di avere i seguenti vantaggi:
  • è un buon primer per le vernici
  • è una buona barriera  verso l’umidità, paragonabile alle vernici poliuretaniche (si possono leggere i dati sperimentali in un noto studio del Forest Products Laboratory del servizio forestale statunitense)
  • nel caso si sporchi la canna nelle fasi pre-verniciatura, è sufficiente una leggera passata con paglietta dello 0000 per pulirla
  • è facile l’eventuale “riparazione” con lo stesso shellac
  •  da una bella colorazione di fondo (almeno per me).  

Utilizzo lo shellac in scaglie preparando una soluzione 2 “cut” (24%) in Etanolo assoluto (ma si può utilizzare una soluzione già pronta), con essa imbibisco un tampone che poi passo velocemente lungo la canna a rivestirla interamente. Lascio asciugare (10-15’) e ripeto l’operazione almeno una dozzina di volte.

Prima di rivestire la canna proteggo le scritte apponendovi, con un pennellino, 2 strati di shellac che lascio asciugare bene e poi passo delicatamente con paglietta fine prima di procedere con il tampone. 
Per comodità, eseguo l'operazione di rivestimento appendendo la canna, quindi passo velocemente il tampone avvolgendoglielo intorno stretto quel tanto che basta a farlo scorrere. Il tampone lo faccio con una pezzuola di lino con cui avvolgo un batuffolo di cotone che impregno di soluzione.


Terminato il rivestimento con shellac, lascio asciugare per alcune ore e quindi levigo leggermente con paglietta 0000. Il processo richiede ca. 2.5 ore, ma, tra le varie passate, si può fare dell'altro.

Foto 55 – materiali per applicare la gomma lacca (soluzione, guanti, tampone)

FERRULE

Le ferrule più usate e più classiche sono quelle in Nickel Silver (lega metallica chiamata anche Alpacca o Argentone che, oltre ad avere capacità autolubrificanti per la presenza di Piombo nella lega, quando lucido, è in effetti molto bello); io le ho usate per qualche anno per poi passare a quelle in bamboo ed infine approdare a quelle autocostruite in grafite. Per le ferrule in grafite uso la tecnica descritta nel libro di Milward rivestendole alla fine con lamina di oro o bronzo o argento da decoratore (per le fasi costruttive vedere le foto dalla 56 alla 65).

Perché le uso? Principalmente perché mi danno soddisfazione nel farle, sono robuste e molto leggere (paragonabili  a quelle in bamboo). Rispetto a quelle in bamboo, secondo me, il complesso canna/ferrula non è esteticamente peggiore, sono più robuste e quindi più durevoli ed in caso di rottura si possono cambiare con minori problemi di quelle in Ni Silver (mentre quelle in bamboo possono richiedere il rifacimento della parte di canna con l'innesto femmina).  Il tempo per la loro autocostruzione è paragonabile all’installazione ed alla finitura di una in Ni Silver e risulta meno problematica di una in bamboo ben funzionante.


Per fare le ferrule in grafite bisogna costruire un supporto (visibile nelle foto successive) per consentirci di congiungere agevolmente e mantenere ben allineati i pezzi di canna durante la costruzione ed in attesa dell’indurimento della resina.

Foto 56 – materiali per costruzione di ferrule in grafite appoggiati sulla base del supporto
della canna (calze in grafite, resina bicomponente, pellicola, phon, tubo
termorestringente, bilancia per pesare la resina, foglia
 in bronzo, pennelli)

Foto 57 – posizionamento della prima calza; la seconda si vede sulla
sinistra (sporgente in parte dal tubo termorestringente)
 pronta per essere sovrapposta alla prima dopo che
è stata spalmata di resina

Foto 58 – spargimento della resina sulle 2 calze sovrapposte
(sulla sinistra si vede il tubo termorestringente pronto per
 essere posizionato sulle calze)



Foto 59 – ricopertura della ferrula con tubo termorestringente e
 riscaldamento per farlo restringere ed aderire
Foto 60 – ferrula terminata ed in asciugatura (dopo verranno
 eliminati il tubo termorestringente e, con cautela,
 le parti terminali in eccesso)
Foto 61 – risultato finale (con identificazioni, ricopertura di shellac e
 ferrula in grafite ancora da rivestire)


Foto 62 – materiali usati per rivestimento della ferrula (lamina in
 bronzo, colla, pennelli)

Foto 63 – si sparge la colla sulla grafite/ferrula e si attende che quasi
asciughi, ma che sia ancora un po’ appiccicosa

Foto 64 – si appone delicatamente la lamina su tutta la ferrula


Foto 65 – si distende e si fa aderire la lamina con un pennello e 
si lascia asciugare


Foto 66 – ferrula terminata (da verniciare)


INSTALLAZIONE DEL MANICO

I manici in sughero con relativi portamulinelli, come tutto, si possono comperare già fatti, ma mi diverto a costruirli (di fatto compro solo le ghiere in metallo dei portamulinelli ed i passanti).


Preferisco incollare sulla canna il manico già pronto e non utilizzo il metodo di incollare i listelli direttamente sulla canna perché mi da meno tribolazioni in caso di errore nella sua tornitura e se una rondella di sughero risulta troppo “bacata” in profondità (capita anche con i sugheri migliori). In questi casi posso cambiare una o più rondelle abbastanza facilmente, mentre se il manico è già incollato sulla canna rischia di essere un problema. 


Foto 67 – dischetti di sughero incollati e pronti per la “tornitura”;
 si fa molta “segatura”, prima grossolana poi fine, per cui come si vede
 nella foto mi sono attrezzato con una “cappetta” collegata
 all’aspirapolvere che metto in moto durante la tornitura


Foto 68 – tornitura a forma e dimensione utilizzando carta a vetro
 partendo da grit 60 ed aumentandola gradatamente fino a 400/600

Foto 69 – risultato della tornitura

Foto 70 – manico completo montato sulla canna
MONTAGGIO DEI PASSANTI

Utilizzando il programmino in excel (Risoluzione matematica delle serpentine vinciane) che ho pubblicato tempo fa su Pipam, calcolo la posizione dei passanti.

Per questa fase utilizzo un semplice supporto costruito in legno che mi permette di ruotare comodamente la canna e di tensionare il filo (è visibile solo parzialmente nelle foto). 

Foto 71 – avvolgimento del filo con asola per il suo bloccaggio inserita
sotto una buona parte di spire finali

Foto 72 – si tira l’asola con inserito il capo finale del filo di montaggio
per bloccarlo sotto le spire terminali (prima di estrarre completamente l’asola
tagliare il filo in modo che poi non sporga dalle spire evitando quindi di usare lamette e/o 
fiamme per bruciare il residuo dal taglio)


VERNICIATURA

Questa è una delle fasi più delicate perché esteticamente incide molto. Esistono vari sistemi (immersione, bicchierino, pennello, spruzzo, tampone, goccia) ben descritti in letteratura e vari tipi di vernice (solvente, sospensione acquosa, oli, shellac). Il sistema ritenuto migliore è  quello ad immersione con lenta estrazione della canna (dip tube), ma ha il problema che  richiede o un soffitto alto o di fare un buco nel pavimento del laboratorio. Non avendo intenzione di fare un grosso buco nel cemento armato, ho provato vari sistemi alcuni dei quali venuti male o non soddisfacenti (spruzzo,  goccia, tampone) altri che, pur funzionando, hanno manifestato comunque poca praticità. 

Ad es. l'immersione con estrazione dal fondo della vernice (drip tube) richiede un continuo maneggiamento della vernice, la canna appena verniciata va estratta dal tubo abbastanza rapidamente  e con molta attenzione per non toccare le pareti ed alla fine di ogni singola mano tubo e rubinetto si devono stoccare ben lavati con diluente.

Sicuramente la non soddisfazione per alcuni sistemi è per causa mia perché se altri li utilizzano vuol dire  che, se usati nel modo corretto, funzionano.

Ho quindi pensato e realizzato un sistema che mi consente di usare l’estrazione della canna dall’immersione  abbassando il tubo contenente la vernice e quindi di fatto di avere gli stessi vantaggi dell’immersione con estrazione della canna. Il sistema è costituito da un tubo flessibile che, a tubo alzato, è tenuto dritto da guide per contenere senza problemi anche la canna, quando il bagno scende la parte terminale del tubo flessibile esce dalle guide, tocca terra e si piega lateralmente. Quindi la canna rimane ferma e si scopre lentamente con la discesa del tubo. Il sistema funziona e l'ho utilizzato per alcune canne, ma poi il tubo flessibile utilizzato con la vernice (anche ad acqua) s'induriva rendendone problematico l'uso, per cui per il momento l'ho abbandonato in attesa di trovare un eventuale materiale idoneo.

Il sistema che utilizzo ora è quello che si vede nelle foto successive. In quest’ultimo sistema, estraggo la canna non in verticale ma in diagonale e, potendo regolare sia l’angolo del tubo che quello della direzione di estrazione, faccio in modo di usare la posizione più verticale possibile compatibilmente con la lunghezza della canna. Per ovviare al problema del fuori asse della canna rispetto al tubo (man mano che la canna viene estratta aumenta il peso che gravita sul cavo di trazionamento e quindi la canna tende a disassarsi rispetto al tubo)  ho aggiunto un cavo “guida” che congiunge tubo e carrucola. Collego il cavo di trazionamento, tramite un piccolo gancio scorrevole, al cavo guida, in questo modo riesco a mantenere la canna sufficientemente in asse lungo tutto il suo percorso (si vede abbastanza bene nelle foto 73 e 74).


Foto 73 – sistema per estrazione della canna in diagonale (tubo per vernice e asta
 con carrucola per estrazione della canna, motorino elettrico, cavo guida, il cavo di trazionamento 
s' intravede agganciato al cavo guida)


Foto 74 – particolare con canna in estrazione (davanti alla foto appesa al muro 
s’intravede il piccolo gancio che, scorrendo lungo il cavo guida, mantiene in 
asse con il tubo)
Inoltre, essendo stufo di inondare con forti e persistenti odori di solvente lo scantinato (tra l’altro in collegamento con l’appartamento, per cui la moglie giustamente si lamentava parecchio), da un  po’ di tempo mi sono fissato nell’utilizzare vernici ad acqua testando di nuovo l’applicabilità dei vari sistemi. Il problema della vernice ad acqua è che, essendo una sospensione contenente anche tensioattivi, prima dell’uso richiede una buona miscelazione che porta ad avere inevitabilmente un po’ di schiuma superficiale abbastanza lenta a scomparire (il che mi faceva subito abbandonare il sistema a bicchierino). Inizialmente ho riprovato con lo spruzzo ed il sistema a goccia ottenendo risultati pessimi, quindi sono passato al sistema ad immersione con estrazione in diagonale avendo l’accortezza, prima di partire,  di lasciare la vernice nel tubo chiuso il tempo necessario alla scomparsa completa della schiuma.

I risultati sono stati abbastanza buoni, ma il sistema lo uso da poco ed è ancora in sviluppo (non sono ancora pienamente soddisfatto).

N.B: però che bello non avere più odore di solvente e lavare con acqua attrezzi e tubo!

Ricordo che utilizzo vernici ad acqua senza pormi particolari problemi perchè prima rivesto la canna con gommalacca che fa da buona barriera  all'acqua (oltre ad essere uno strato protettivo ulteriore).

Foto 75 – particolare del motorino elettrico che traziona il cavo per
 l’estrazione della canna avvolgendolo su un tubo di dimensioni adeguate
 per avere una velocità di estrazione di ca. 10 cm al minuto (il cavo poi arriva
al tubo passando per 2 piccole carrucole).

Foto 76 - particolare

CONCLUSIONI

Bene, siamo arrivati alla fine. Se qualcuno ha bisogno di chiarimenti mi contatti pure che ne sarò felice perché vuol dire che, oltre ad aver visto l’articolo, qualcosa di quello che ho scritto un pochino l’ha interessato.

I particolari e le alternative delle varie fasi costruttive che ho saltato o evitato di spiegare sono tanti, ma, come detto nell’introduzione, la cosa è stata voluta.


Riporto, per finire, foto del mio laboratorio da puro hobbista, molto essenziale ed un po’ in disordine dati i lavori in corso per costruire una canna e foto della medesima terminata.






Questo semplice lavoro lo voglio dedicare al mio grande amico Albano Barbiani (ghost), venuto a mancare due anni fa, in ricordo dei tanti momenti piacevoli ed interessanti passati insieme a pesca, al club, giocando a biliardo, partecipando a convegni e mostre e soprattutto iniziando insieme come rodmaker, scambiandoci in ca. 10 anni di bamboo rodmaking continuamente idee, consigli ed informazioni.

Marco Schiavi  



UN PO' DI BIBLIOGRAFIA E FONTI UTILI

H. Carmichael, E. Garrison , “A Master Guide To Building A Bamboo Fly Rod”
W. Cattanach “Handcrafting Bamboo Fly Rod”
R.E. Milward “Bamboo Fact, Fiction and Flyrods”
www.hexrod.net
www.bamboorodmaking.com
www.rodmakers.eu

sabato 3 ottobre 2015

6° CAPITOLO Come costruire una canna di bambù a modo mio. Articolo di Marco Schiavi

Come promesso continuiamo con il 6° Capitolo.....

HOLLOWING(*)
Eseguo l’hollowing (o cavatura) ormai solo di tipo fluted principalmente perché:
-          l’attrezzo che ho costruito ed uso ben si adatta a questo tipo di cavatura e mi permette di cavare abbastanza tranquillamente e velocemente anche il tip dove è molto sottile
-          ritengo che permetta di adottare cavature anche estreme (parete sotto 1 mm) avendo comunque una superficie di incollaggio dei listelli accettabile, quindi recuperando un po’ di gap vs. la cavatura piana che dà un asporto chiaramente più massivo
-          non servono dam (piccoli tratti pieni) ogni tot centimetri  (altro recupero in peso vs. la cavatura piana)
-          i 6 punti di giunzione fra i listelli formano nervature longitudinali che irrobustiscono la parte di canna cavata (volendo se ne può tenere conto recuperando ancora qualcosa in peso)
Anche se la cavatura del tip, in particolare  verso la punta, è insignificante per lo scopo, perché non farla almeno per “omogeneità” di tutta la canna? Secondo me avere una canna metà piena e metà cavata (come fanno diversi costruttori) non è il massimo. È vero che l’eccesso di colla può riempire la piccola cavità, ma, dopo aver sparso la colla sulle strip, basta avere l’avvertenza di “tirarla” più volte con lo spazzolino in modo da lasciare solo un velo senza accumuli che il suo eccesso si riduce parecchio e così  di conseguenza il suo debordare nella cavità.
In foto 42 riporto l’attrezzo che ho costruito. E’ costituito da:
-          un supporto in MDF con piano orizzontale ed una struttura verticale che porta una lastra in MDF scorrevole verticalmente tra 2 guide (ho usato quelle per cassetti, su cuscinetti a sfera)
-          una lunga vite imperniata su cuscinetti a sfera e agganciata posteriormente alla lastra scorrevole verticalmente, la vite è dotata di manopola per il suo azionamento che alza o abbassa la lastra
-          piccolo motore per frese (tipo dremel) installato saldamente sulla parte anteriore della lastra scorrevole in verticale
-          un microtavolo a croce per fresatrici da banco,  installato sul piano orizzontale in MDF
-          un jig in legno installato sul tavolo a croce che, tramite 2 leve in legno spinte da molle e con sagome metalliche triangolari, mi fa da guida e tenuta del listello
-          2 viti che posso regolare in altezza e bloccare in modo di fare da battuta alla lastra scorrevole verticalmente e quindi avere un’altezza di fresatura costante. 


In pratica si tratta di una “fresatrice” a 3 assi. Nelle foto 43-45 si possono vedere altri dettagli  dove il tutto forse risulta più chiaro della descrizione fatta.

Foto 42 - Fresatrice autocostruita, a 3 assi, per hollowing


Foto 43 - Particolare della guida e della fresa tonda installata

Foto 44 - Particolare della guida

Foto 45 - Viti sotto la lastra verticale per bloccaggio della discesa della fresa

Come opero:
-          Installo la fresa tonda di dimensioni idonee al listello ed alla cavatura che voglio fare
-          pongo le lamine di uno spessimetro, corrispondenti in spessore all’altezza della parete che voglio ottenere, appoggiate sul fondo del Jig, sotto alla fresa
-          abbasso la fresa fino a toccare le lamine (foto 46)
-          alzo le 2 viti di battuta fino a toccare la lastra scorrevole e le blocco con il relativo controdado
-          rialzo la lastra scorrevole ed inserisco da sinistra un pezzo di strip analogo a quello da cavare
-          accendo il motore e l’abbasso fino a fresare il listello di prova per un breve tratto
-          controllo la centratura della fresa ed eventualmente agisco sulle regolazioni del tavolo a croce
-          controllo la parte più sottile della parete del listello fresato ed eventualmente agisco sulle 2 viti di battuta
-          quando sono centrato, inserisco il listello da cavare, accendo il motore, abbasso la fresa per cavare la quantità opportuna  e, trazionando il listello con entrambe le mani, faccio la passata (foto 47)
-          ripeto la passata più volte abbassando ogni volta la fresa fino ad arrivare a battuta finale delle 2 viti.

Note: faccio passate leggere asportando poco bamboo per passata (più vicini siamo all’enamel più il bamboo è duro); se si fanno passate troppo “spesse”, oltre ad aumentare la fatica del motore, la fresa tende a sbilanciarsi leggermente di lato creando quindi un canale non centratissimo.  

Nella foto 48 possiamo vedere il dettaglio di listelli cavati. 

Foto 46 - Regolazione altezza parete

Foto 47 - Passata del listello

INCOLLAGGIO E TAGLIO A MISURA
Ora sono pronto ad incollare i listelli portati a taper e cavati, posti nell’ordine esatto per sfalsare i nodi e bloccati in posizione precisa con strisce di nastro adesivo (foto 48).

Foto 48 - Listelli bloccati in posizione pronti per essere sparsi con colla

Foto 49 - Materiali utilizzati per l'incollaggio

Dopo aver mescolato molto bene la colla (in questo caso epossidica bicomponente) la spargo accuratamente sui listelli con uno spazzolino; ripasso con lo spazzolino più volte tirando bene la colla per asportare buona parte del suo eccesso (sui listelli deve essere depositato solo un velo di colla e senza accumuli).
Chiudo i listelli a formare la canna e vado alla legatrice dove la lego facendola ruotare in un senso poi nell’altro (in stile Garrison); tensiono il filo in modo che tiri quel tanto che basta ad essere avvolto ben aderente  alla canna. Uso ca. 750 g (500 g per il tip) di peso per tensionare la corda di trascinamento e quindi l’incollaggio dei listelli (foto 50; il peso usato, costituito da bottiglie riempite di acqua, si vede nella foto 28). 

Foto 50 - legatrice al secondo passaggio, incrociato al primo
 Appena legata la canna, controllo visivamente se vi sono pieghe o torsioni (che eventualmente cerco di eliminare piegando/ruotando la canna in senso contrario al difetto con la colla ancora fresca), la faccio rotolare sul tavolo tramite 2 tamponi (vedi Garrison) e quindi la metto nella sagoma triangolare della PF protetta da una striscia di film da cucina. Utilizzando dei blocchetti di legno in cui ho ricavato longitudinalmente una fessura triangolare equilatera, appiattisco la canna contro la PF con delle pinze a molla e/o legando con nastro adesivo (foto 51).


Foto 51 - Canna incollata in asciugatura su PF

Una volta che la colla è asciutta, tolgo la canna dalla PF, slego il filo e quindi procedo alla sua pulizia che effettuo con carta a vetro grit 100 e poi paglietta (foto 52). Utilizzo la PF primaria (senza taper) come appoggio per questa fase.
Dopo la pulizia, controllo visivamente che la canna sia dritta traguardandola longitudinalmente. Nei casi dubbi o per individuare dov'è l'eventuale difetto appoggio i singoli pezzi su un piano e, ruotandoli su tutte le facce, controllo che rimangano sempre abbastanza aderenti al piano stesso; quando trovo un lato che mostra un sollevamento dal piano, facendo scorrere un dito sulla faccia incriminata individuo dov'è il difetto (la canna premuta torna aderente), quindi  segno il punto. Correggo il difetto usando il calore con moderazione (come quando raddrizzo gli strip).  


Foto 52 - Pulizia dalla colla 

Infine taglio la canna a misura (foto 53).


Foto 53 - Taglio a misura



Continua......la prossima settimana 7° Capitolo





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