mercoledì 18 dicembre 2013

Mosca Club Piacenza Adventures - Soča 2013

Soca alta (a valle del torrente Lepena)
Soča, ancora Soča, fortissimamente Soča!

E riecco settembre, forse il mese più bello dell’anno, e tre amici a bordo di un SUV, con il bagagliaio stipato di un assortimento di attrezzature per la pesca a mosca adeguato ad una spedizione in Alaska di alcune settimane.

Per la seconda volta nell’arco di quest’ anno, dopo una lunga assenza, torno a varcare il confine sloveno: la meta è il paese di Bovec (Plezzo quando era territorio italiano) che sorge ai margini di un vasto pianoro di rara bellezza, nell’alta valle della Soca, il fiume più bello d’Europa.
L’auto procede sull’autostrada ad andatura rilassata da gita domenicale, mentre all’interno dell’abitacolo, le battute scherzose ed il fitto chiacchiericcio tradiscono il clima euforico tipico di tutte le partenze per una vacanza di pesca. Al volante c’è Fabrizio (il Doc!) il mio “maestro”, e spaparanzato sul sedile posteriore Valerio, alla sua prima uscita in Slovenia.
Raggiungiamo Udine, quindi Cividale del Friuli e poi Stupizza, ultimo paese in territorio italiano nell’alta valle del Natisone; Staro Selo e finalmente ecco Kobarid (Caporetto) ed il fiume Soca.
Procediamo alla volta di Bovec e la vallata del grande fiume azzurro, maestosa e ridente, ci riempie gli occhi della sua bellezza disarmante rendendoci silenziosi per alcuni minuti.
Orrido a monte della confluenza
del torrente Lepena
Poco a monte del paese di Zaga troviamo un ponte sul fiume che conduce al paese di Cezsoca, dotato di un comodo parcheggio…la sosta è d’obbligo: il fiume è leggermente alto, ma l’acqua è chiara, chiarissima: nella lama profonda sotto al ponte una schiera incredibile di pesci di tutte le dimensioni (per lo più trote iridee) intenti a cibarsi di ninfe ci fa aumentare repentinamente la salivazione!
Raggiungiamo l’Hotel Alp a Bovec e depositati i bagagli andiamo a fare un sopralluogo sul tratto a monte del paese. Poco a monte della confluenza con l’incantevole Koritnica la strada riprende a costeggiare il fiume ed al primo ponte che incontriamo ci fermiamo a dare un’occhiata: qui il fiume assume un aspetto prettamente torrentizio, è decisamente più stretto, ma l’acqua è veloce, molto veloce: anche qui i pesci sono ovunque, di tutte le taglie ed in attività.
Riprendiamo l’auto e risaliamo fino al paesino di Soča, quindi riguadagnata la via del ritorno, facciamo un’ ultima sosta per mostrare a Valerio l’orrido spettacolare (uno dei tanti che caratterizzano quest’incredibile corso d’acqua) da cui “ricompare” la Soca, poche centinaia di metri a monte della confluenza con il torrente Lepena: la forra presenta pareti di roccia verticali incredibilmente ravvicinate, che si allargano progressivamente assumendo un andamento sinuoso e originando a valle un’ampia buca scavata nella roccia, a forma di pentola…abbondantemente popolata: sono trote per lo più (iridee e marmorate), ma non mancano i temoli…avventurandomi lungo il tratto terminale dell’orrido, ne scorgo uno schiacciato sul fondo delle dimensioni di un sommergibile nucleare sovietico!
Ormai è sera: non resta altro che placare i morsi della fame (si va da Jazbec che si trova sulla strada nel paese di Idrsko vicino a Kobarid, www.jazbec.eu) ed andare a nanna…siamo in tre in una comoda camera da quattro: al Doc l’onore del lettone matrimoniale e del telecomando tv , a me e Valerio , la cameretta adiacente dotata di due letti singoli. Ci scambiamo la buonanotte…buonanotte un corno!! I due russano ininterrottamente per tutta la notte come un branco di facoceri ubriachi, non riesco a dormire e solo l’arrivo del mattino pone fine alle mie pene: sono esausto, stropicciato e pervaso da vaghe idee omicide nei confronti del buon Valerio che risvegliatosi sorridente e fresco come una rosa mi domanda:”Ma ho russato?”.
(Introduzione di Francesco Guardabassi)


Indovinate dove siamo?
Ecco, il buongiorno si vede dal mattino e per il Cecco non è stato un buongiorno. Pensiamo immediatamente ad un'altra sistemazione per la sera successiva: andrò con il Doc nel lettone!
Prevedendo di non mangiare a mezzodì, facciamo un’ABBONDANTE colazione; quindi, ci avviamo al fiume e non vi nascondo che dover decidere come affrontarlo mi metteva una certa ansia.
Eccolo finalmente: uno splendido fiume a carattere torrentizio. Non posso che aprire le danze in high sticking e, per quanto riguarda l’attrezzatura, opto per la 11’ coda 3 con un finale di 12 m da surf casting. Visto che il fiume è ampio in questo tratto e il regolamento vieta le due ninfe, monto un san Juan worm con pallina del 3,5 mm… ovviamente in tungsteno.
Inizio a pescare (il Doc mi lascia l’onore del primo lancio), cerco nei piccoli giri di corrente e, mentre lancio, Fabrizio mi fa notare un temolo che staziona sul fondo in piena corrente: ci provo e riprovo ma non riesco a presentargli la ninfa correttamente. Niente da fare, faccio un passo in acqua e provo una corrente sulla sponda di fronte: il bicolor si raddrizza; ecco la mangiata: una bella iridea che porto a guadino senza fatica.




Il Doc punisce a secca temoli e iridee.
Ci spostiamo a monte e il fiume diventa più impetuoso: continuiamo a pescare, ma non prendiamo più niente. Raggiungiamo un tratto più calmo e si ricomincia a prendere qualche pesce, ma niente di che. Arrivati a ridosso del ponte dove abbiamo salutato il Cecco, ci fermiamo; anche perché la mattina, appena arrivati, avevamo visto (affacciandoci) diversi pesci inchiodati sul fondo. Il Doc insiste nel fare gli onori di casa e passa la mano: vista la corrente e le dimensioni dei pesci, propendo per un tip di 2 m dello 0.16 ed una ninfa sul 16 con pallina del 2,5 mm (è una ninfa di Re molto semplice: code in gallo; corpo in fagiano naturale; torace in lepre color mattone e sacca alare bianca). E’ una lama che si presta bene alla french nymph: dopo alcune passate, ecco una trota iridea (io non sono amante delle iridee, preferisco decisamente i temoli!). Dopo la cattura, lascio spazio al Doc che mi supera ed entra in azione a secca.
Trascorre un po’ di tempo senza sentire neanche una tocca e decido di cambiare ninfa. Aprendo la scatola mi salta agli occhi una ninfa di Soldarini, che lui considera molto indicata per i pesci costretti a sopportare un’elevata pressione di pesca: è una semplice ninfa in airone cinerino ma con bead chartreuse del 2.5. Decido di provarla e lancio a monte vicino a un ramo di una pianta che già mi ha rubato un paio di ninfe: la passata inizia; seguo il mio bicolor che scende lento e non appena mi arriva davanti ha un sussulto; ferro; bang! Ecco la trota che aspettavo! Parte a razzo, ma dopo pochi secondi si slama: questi sono i momenti in cui vorresti saper imprecare in più lingue.
Riprendo a pescare, un po’ abbattuto, e catturo solo qualche trotella. Arrivo dove prima il Doc aveva incannato qualche temolotto pescando a secca (lui si è già spostato sul ponte e mi osserva come una piccola vedetta lombarda): continuo con la solita ninfa, ma ho cambiato il tip. Opto per un tip più sottile, dello 0.14. Il Doc dall’alto mi indica la grossa sagoma di un temolo; mi suggerisce dove lanciare e dopo alcune passate, capisco come arrivare sul pesce correttamente. Il mio bicolor si ferma e ferro: ecco il grosso temolo che si dibatte in fondo alla lenza; un brevissimo combattimento (tutto comandato da lui) e…anche questo, si slama. Snocciolo il solito rosario di bestemmie e il Doc, dal ponte, mi dice anche che era proprio bello.
Veniamo controllati da un guardiapesca che, per la nostra felicità, ci comunica che a monte stanno facendo dei lavori in alveo. Poco dopo l’acqua si sporca e tentiamo, inutilmente, di portarci a monte del cantiere che non troviamo. Decidiamo quindi di correre a valle, dove inizia la riserva e l’acqua (speriamo) non si è ancora intorbidita: qui il fiume cambia aspetto. Si alternano raschi a lame medio veloci con discrete buche. Che fare? Opto ancora per la mia amata 11’, ma considerata la profondità delle buche, allungo il tip, arrivo a 3 m e ci lego una delle mie ninfe preferite: la grayling killer sul 16.
Inizio in testa a una buca con corrente molto sostenuta e mi accorgo che non riesco ad andare in pesca: applico uno spaccato, anzi due, poi tre… per farvela breve, alla fine, ne metto sette! Lancio prima della buca a fine raschio e faccio scendere la ninfa: appena la ninfa arriva in testa alla buca il bicolor si ferma bruscamente; ferro ed inizia il combattimento con un bel pesce.


 Valerio ed uno dei bei temoli
catturati a ninfa
Non capisco subito di che cosa si tratti perché è inchiodato sul fondo e non riesco a vederlo. Dopo un combattimento impegnativo, porto a guadino un bel temolo di 42 cm. Espletato il rito della foto, libero il pesce e ,come sempre, m’ incanto nel vederlo riconquistare le profondità del fiume.
Mi riprendo un poco dall’emozione e scambio due chiacchiere con il Doc e il Cecco che mi dice: ”Con quella cavolo di tecnica riesci ad andare in pesca molto bene”. Mentre gli rispondo lancio ancora più o meno nello stesso posto e, appena prima di finire la frase ecco che il bicolr si ferma secco; ancora ferro e… di nuovo in combattimento! Impiego un bel po’ di tempo a portare il pesce (un altro temolo!) a tiro di guadino ed il Cecco mi dice: ”E’ più grande dell’altro”. Ed io: “ ma no è più piccolo”. E lui: ”Allora vuol dire che se il Teo ha il metro “lungo”, tu ce l’hai troppo “corto”, dai, misura”. Senza proferire parola estraggo il metro che da ragione al Cecco: misura 45 cm. La solita foto, ed ecco il temolo che nuota libero. Sono in estasi sulle rive di un fiume che dire stupendo, è poco. Svanisce l’effetto dell’adrenalina e riprendo a spiegare al Cecco quanto questa tecnica sia micidiale se saputa applicare come Dio comanda; mi metto leggermente più a valle di prima; lancio quasi svogliato e… cosa ve lo dico a fare? Il bicolor si blocca e bla bla bla…un altro bel temolo, appena più piccolo del precedente.
Raggiungiamo il Doc che nel frattempo si è spostato a monte, ma l’acqua incomincia a sporcarsi. Fabrizio è seduto su di un grosso masso come un indiano in attesa del passaggio del cadavere del suo nemico. Sta fumando con gran soddisfazione un ottimo Toscano: mi avvicino e gli faccio la domanda di rito: ”Hai preso?” lui: ”Sì, ma niente di grosso; poi l’acqua si è sporcata e basta”. Tento qualche lancio e il Cecco mi segue, ma non otteniamo alcun risultato. Torniamo alla macchina, per terminare la giornata decisamente più a monte, su di un tratto pianeggiante strepitoso: i lavori sono terminati e qui, l’acqua sta tornando trasparente! I miei amici cercano le mitiche marmorate della Soca a streamer con buoni risultati: un bel pesce a testa ed il Cecco ne attacca una veramente notevole sotto un salice, che, purtroppo, si slama a galla quasi subito.
Per concludere degnamente la serata andiamo a cenare in un locale estremamente raffinato… soprannominato dal Doc “AL PUSTAS” (località Pri Mostu, sulla curva in corrispondenza del ponte sul torrente Ucja, poco a monte di Zaga).
Dall’esterno non mi sembra così tremendo tant’è che i miei due soci iniziano a dire: ”Beh, avranno dato una rinfrescata”. Entriamo e il locale non è proprio niente male: nulla a che vedere con i racconti dei due che narravano di un posto pieno di fumo e odore di fritto, non troppo pulito, dove venivano servite porzioni da carrettiere!...La delusione scompare dal volto dei miei amici solo quando si accorgono che la gestione non è cambiata. Nel menu non manca il mitico FORMAGGIO FRITTO (l’alimento base del Cecco quando va in Slovenia): sono molto curioso e finiamo per ordinarne tre porzioni; quindi cotolette alla viennese per me ed Fabrizio, mentre il Cecco, fedele alla tradizione, sceglie un tournedos con funghi…di contorno, per tutti, una carriola di patate fritte!
La seconda notte in hotel passa senza problemi anche per il Cecco che si barrica nella sua stanzetta prima di stramazzare tra le braccia di Morfeo.
Scendiamo per la colazione e in sala troviamo una mandria di ragazzi in gita scolastica che, come locuste, mangiano tutto quello che si trovano per le mani. Riusciamo comunque a fare la solita colazione abbondante.
Visto che il tratto alto rischia di essere ancora interessato da lavori in alveo, decidiamo di pescare nella riserva bassa (zona di Kamno). Facciamo i permessi da Jazbec, e ci fiondiamo sul fiume.
Questa volta il paesaggio è diverso: la Soca bassa è un grande fiume di fondo valle, con ampie lame di media profondità che si alternano a correntoni impetuosi.
Considerata la possibilità di pescare anche a secca, sfodero la mia 10 piedi coda 4.
Raggiungiamo il greto e ci dividiamo: io e il Doc risaliamo e il Cecco scende. Arriviamo su una lama veloce con una profondità di un paio di metri: decido di adottare la tecnica dell’high sticking e monto un tip di 2.5 m. dello 0.16 e una ninfa naturale (la G.R.H.E.) che non mi delude mai. Dopo qualche ora e una decina di ninfe, nessun risultato.
Anche Fabrizio, un po’ più a valle non ha preso nulla, così decidiamo di andare a vedere che cosa ha combinato il Cecco.
Scendiamo fino a un punto dove la Soca ti permette, grazie ad una schiena d’asino, di andare in mezzo al fiume e pescare bene il sotto riva ombreggiato dalle piante. Mentre sto montando una secca da caccia (una klinkhammer) ho l’impressione di vedere una bollata e Fabrizio che è leggermente a monte conferma il tutto con una parola: ”BOLLANO!”. Qui il gioco si fa duro: su cosa bollano? Decido di montare un tip dello 0.12 e una piccola effimera sul 16 in CDC simile agli insetti che vedo volare sull’acqua. Lancio ripetutamente cambiando numerose imitazioni, ma ottengo solo qualche rifiuto, mentre il Doc incanna un paio di trote iridee. Decido allora di montare un tip dello 0.08 e una piccolissima effimera sul 18 in CDC chiara, per cercare di bucare i tre o quattro pesci che mi bollano davanti.
Dopo qualche lancio che più che curvo direi curvissimo una trota ghermisce la mia imitazione! La porto a guadino con un po’ di fatica: è una discreta iridea. La libero, asciugo la mosca con fazzoletto e sali, un paio di falsi lanci e sono di nuovo in pesca, ma per una buona oretta niente più: i pesci, disturbati dall’ultima cattura hanno smesso di bollare.
Faccio qualche passo a monte e dietro un ramo che accarezza l’acqua, noto una timida bollata: spero che sia un temolo ed inizio a fare dei super curvi per presentare bene la mia imitazione, ma niente. Dopo un po’, colto da un lampo di genio, penso: ”E’ sotto a un ramo, starà mangiando dei terrestrial!”. Monto la formica del Maitre Chocolatier Andrea Rossetti e dopo un primo lancio per prendere la misura, ecco che la mia formica scompare in un gorgo; ferro, ed eccomi in combattimento! Purtroppo non è un temolo, ma una bella iridea che porto a guadino e rilascio immediatamente.

Il Cecco e una bella marmorata.
Raggiungiamo il Cecco sull’altra sponda e sentiamo com’è andata: è contento, e con gli occhi rossi iniettati di sangue ci racconta di una discreta mattinata con catture anche belle sia a secca che a ninfa. Facciamo un paio di lanci lì con lui, quindi torniamo alla macchina per spostarci.
Ci portiamo decisamente più a monte, parcheggiamo, e diamo un’occhiata al fiume. Decido di cambiare canna: prendo la 9’ per la 5 che mi permette di pescare anche a streamer. Guadagniamo la sponda e il fiume si presenta più stretto di prima, con dei bei correntini non troppo veloci e grandi lame dove i pesci potrebbero bollare. Monto una klinkhammer, faccio qualche lancio, e in stecca prendo tre belle iridee; quindi saluto il Doc che decide di provare più a valle, ed inizio a risalire in compagnia del Cecco. Peschiamo convinti, ma senza grossi risultati. Arriviamo in un punto dove l’acqua diviene più profonda e veloce; faccio un paio di lanci, poi decido di cambiare tecnica e rimettere la ninfa. Mi siedo su un masso e Francesco mi domanda se può lanciare dove stavo pescando appena prima: ovviamente gli dico di sì. La sua imitazione, dopo la posa, sparisce in un gorgo degno di un luccio ed inizia il combattimento. Non capiamo subito di che cosa si tratti; sulle prime pensiamo ad una bella trota, poi la vista di una grande pinna dorsale ci libera da ogni dubbio: è un bel temolo! Francesco mi dice che stava pescando con una Chernobyl ant: sulle prime non ci credo, ma poi vedo l’artificiale… incredibile… meno male che i temoli mangiano sul piccolo!
Superata l’emozione della cattura, tra uno scherzo e una battuta, arriviamo su una splendida lama con acqua lenta ed una profondità di un metro e mezzo in cui i pesci erano in attività a galla. Insisto con la mia Klink e Cecco con la terribile Cernobyl: lui prende un paio di trote iridee e una marmorata, io niente. Francesco mi consiglia la mitica PEUTE: taglio; cerco nelle scatole e ne trovo solo una; la monto; lancio su una bollata e zac!..Ferro un bel temolo. Neanche il tempo di slamarlo che con la coda dell’occhio vedo il Cecco incannato un’altra volta, ma il tempo a nostra disposizione sta per finire: le tenebre stanno calando inesorabili. Lancio nuovamente su una bollata, ma sbaglio la ferrata: tento ancora, ecco che sale, zac! Una bella iridea entra nella bocca del mio guadino; la slamo, e rilancio in cerca di un'altra preda. Ecco la bollata! Ci arrivo ma non gli piace; riprovo, ma niente. Cambio la mosca, ed alla prima passata ecco un’altra trota che cade vittima della mia imitazione… una losca figura si affaccia nel frattempo dal ponte appena sopra di noi: è il Doc che si è già cambiato e ci saluta dall’alto. Ormai è notte e decretiamo la fine dei giochi.
Purtroppo la vacanza volge al termine. Non ci resta che tornare al “Pustas” per placare la fame da orchi che abbiamo tutti e tre ed andare a dormire in albergo.
Il giorno seguente, prima di rientrare in Italia, vengo portato in gita turistica su altri due splendidi fiumi sloveni: l’Idrijca e l’Unec.
Che dire? Un viaggio indimenticabile con compagni di pesca fantastici e amici meravigliosi. Sulla via del ritorno strappo la promessa di ritornare anche il prossimo anno, per cui, arrivederci all’anno prossimo!
(Report di Valerio Braghieri)

Torrente Lepena
Sono felice che Valerio abbia accettato di raccontarvi la sua prima volta sul grande fiume azzurro: mi pare che gli sia proprio piaciuto, voi che dite? Questi, sono luoghi che incantano e a prescindere dall’esito della battuta di pesca non si scordano facilmente. Sono tornato in Slovenia, dopo un’assenza durata almeno cinque anni…più o meno dalla sera in cui mi sono visto ribaltare sui piedi un mastello ricolmo di allegre iridee d’allevamento sull’Idrijca, l’affluente principale della Soca e il mio fiume del cuore.
La Slovenia, purtroppo, nel corso degli ultimi trent’anni è cambiata molto e non in meglio.
Un’eccesiva pressione di pesca consentita da un modello di gestione delle acque troppo speculativo ha via via decretato un fortissimo impoverimento delle ricche popolazioni autoctone di temolo e di trota, fario e marmorata.
Sulla Soca, la trota fario non viene immessa da molti anni onde evitare fenomeni d’ibridazione con la marmorata, specie endemica di queste acque. In compenso l’iridea risulta quasi infestante con esemplari di tutte le classi d’età e la stessa marmorata, un tempo sinonimo di selvaggia ed inoppugnabile rusticità, oggi viene riprodotta ed accresciuta in allevamento come le altre trote.
Gli anni 80’e 90’ non ritorneranno. Ho avuto la fortuna di iniziare a pescare in quest’angolo di Jugoslavia (una volta si chiamava così) a dodici anni. Qui ho trascorso le giornate di pesca più entusiasmanti della mia vita: ricordi indelebili che, a distanza di anni, scintillano nella mente come uno scrigno di gemme preziose. Il confronto col presente è decisamente avvilente…tuttavia…le condizioni di salute dei fiumi e la qualità della pesca non sono cambiati (purtroppo) solo in Slovenia; i luoghi, a dispetto del tempo che passa, restano incantevoli e sulla Soca (alta per lo meno) il temolo è discretamente abbondante e l’incontro con una trota marmorata di buona pezzatura non pare un evento eccezionale. Insomma, a conti fatti, mi sento di consigliare a tutti coloro che non conoscono questa valle di venire a trascorrervi qualche giorno, tenendo presente che la Soca risente molto e a lungo del disgelo, che di solito, la rende improduttiva fino all’inizio dell’estate.
(Conclusioni di Francesco Guardabassi)




Articolo scritto da Francesco Guardabassi e Valerio Braghieri
Protagonisti: Cecco Valerio e DOC!
Mosca club Piacenza.

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