Soča, ancora Soča, fortissimamente Soča!
Soca alta (a valle del torrente Lepena)
E riecco settembre, forse il mese più bello dell’anno, e tre amici a bordo di un SUV, con il bagagliaio stipato di un assortimento di attrezzature per la pesca a mosca adeguato ad una spedizione in Alaska di alcune settimane.
Per la seconda volta nell’arco di quest’ anno, dopo una lunga assenza, torno a varcare il confine sloveno: la meta è il paese di Bovec (Plezzo quando era territorio italiano) che sorge ai margini di un vasto pianoro di rara bellezza, nell’alta valle della Soca, il fiume più bello d’Europa.
L’auto procede sull’autostrada ad
andatura rilassata da gita domenicale, mentre all’interno
dell’abitacolo, le battute scherzose ed il fitto chiacchiericcio
tradiscono il clima euforico tipico di tutte le partenze per una
vacanza di pesca. Al volante c’è Fabrizio (il Doc!) il mio
“maestro”, e spaparanzato sul sedile posteriore Valerio, alla sua
prima uscita in Slovenia.
Raggiungiamo Udine, quindi Cividale del
Friuli e poi Stupizza, ultimo paese in territorio italiano nell’alta
valle del Natisone; Staro Selo e finalmente ecco Kobarid (Caporetto)
ed il fiume Soca.
Procediamo alla volta di Bovec e la
vallata del grande fiume azzurro, maestosa e ridente, ci riempie gli
occhi della sua bellezza disarmante rendendoci silenziosi per alcuni
minuti.
Orrido a monte della confluenza del torrente Lepena |
Raggiungiamo l’Hotel Alp a Bovec e
depositati i bagagli andiamo a fare un sopralluogo sul tratto a monte
del paese. Poco a monte della confluenza con l’incantevole
Koritnica la strada riprende a costeggiare il fiume ed al primo ponte
che incontriamo ci fermiamo a dare un’occhiata: qui il fiume assume
un aspetto prettamente torrentizio, è decisamente più stretto, ma
l’acqua è veloce, molto veloce: anche qui i pesci sono ovunque, di
tutte le taglie ed in attività.
Riprendiamo l’auto e risaliamo fino
al paesino di Soča, quindi riguadagnata la via del ritorno, facciamo
un’ ultima sosta per mostrare a Valerio l’orrido spettacolare
(uno dei tanti che caratterizzano quest’incredibile corso d’acqua)
da cui “ricompare” la Soca, poche centinaia di metri a monte
della confluenza con il torrente Lepena: la forra presenta pareti di
roccia verticali incredibilmente ravvicinate, che si allargano
progressivamente assumendo un andamento sinuoso e originando a valle
un’ampia buca scavata nella roccia, a forma di
pentola…abbondantemente popolata: sono trote per lo più (iridee e
marmorate), ma non mancano i temoli…avventurandomi lungo il tratto
terminale dell’orrido, ne scorgo uno schiacciato sul fondo delle
dimensioni di un sommergibile nucleare sovietico!
Ormai è sera: non resta altro che
placare i morsi della fame (si va da Jazbec che si trova sulla strada
nel paese di Idrsko vicino a Kobarid, www.jazbec.eu)
ed andare a nanna…siamo in tre in una comoda camera da quattro: al
Doc l’onore del lettone matrimoniale e del telecomando tv , a me e
Valerio , la cameretta adiacente dotata di due letti singoli. Ci
scambiamo la buonanotte…buonanotte un corno!! I due russano
ininterrottamente per tutta la notte come un branco di facoceri
ubriachi, non riesco a dormire e solo l’arrivo del mattino pone
fine alle mie pene: sono esausto, stropicciato e pervaso da vaghe
idee omicide nei confronti del buon Valerio che risvegliatosi
sorridente e fresco come una rosa mi domanda:”Ma ho russato?”.
(Introduzione di Francesco Guardabassi)
Indovinate dove siamo? |
Prevedendo
di non mangiare a mezzodì, facciamo un’ABBONDANTE colazione;
quindi, ci avviamo al fiume e non vi nascondo che dover decidere come
affrontarlo mi metteva una certa ansia.
Eccolo
finalmente: uno splendido fiume a carattere torrentizio. Non posso
che aprire le danze in high sticking e, per quanto riguarda
l’attrezzatura, opto per la 11’ coda 3 con un finale di 12 m da
surf casting. Visto che il fiume è ampio in questo tratto e il
regolamento vieta le due ninfe, monto un san Juan worm con pallina
del 3,5 mm… ovviamente in tungsteno.
Inizio
a pescare (il Doc mi lascia l’onore del primo lancio), cerco nei
piccoli giri di corrente e, mentre lancio, Fabrizio mi fa notare un
temolo che staziona sul fondo in piena corrente: ci provo e riprovo
ma non riesco a presentargli la ninfa correttamente. Niente da fare,
faccio un passo in acqua e provo una corrente sulla sponda di fronte:
il bicolor si raddrizza; ecco la mangiata: una bella iridea che porto
a guadino senza fatica.
Ci spostiamo a monte e il fiume diventa più
impetuoso: continuiamo a pescare, ma non prendiamo più niente.
Raggiungiamo un tratto più calmo e si ricomincia a prendere qualche
pesce, ma niente di che. Arrivati a ridosso del ponte dove abbiamo
salutato il Cecco, ci fermiamo; anche perché la mattina, appena
arrivati, avevamo visto (affacciandoci) diversi pesci inchiodati sul
fondo. Il Doc insiste nel fare gli onori di casa e passa la mano:
vista la corrente e le dimensioni dei pesci, propendo per un tip di 2
m dello 0.16 ed una ninfa sul 16 con pallina del 2,5 mm (è una ninfa
di Re molto semplice: code in gallo; corpo in fagiano naturale;
torace in lepre color mattone e sacca alare bianca). E’ una lama
che si presta bene alla french nymph: dopo alcune passate, ecco una
trota iridea (io non sono amante delle iridee, preferisco decisamente
i temoli!). Dopo la cattura, lascio spazio al Doc che mi supera ed
entra in azione a secca.
Il Doc punisce a secca temoli e iridee. |
Trascorre
un po’ di tempo senza sentire neanche una tocca e decido di
cambiare ninfa. Aprendo la scatola mi salta agli occhi una ninfa di
Soldarini, che lui considera molto indicata per i pesci costretti a
sopportare un’elevata pressione di pesca: è una semplice ninfa in
airone cinerino ma con bead chartreuse del 2.5. Decido di provarla e
lancio a monte vicino a un ramo di una pianta che già mi ha rubato
un paio di ninfe: la passata inizia; seguo il mio bicolor che scende
lento e non appena mi arriva davanti ha un sussulto; ferro; bang!
Ecco la trota che aspettavo! Parte a razzo, ma dopo pochi secondi si
slama: questi sono i momenti in cui vorresti saper imprecare in più
lingue.
Riprendo
a pescare, un po’ abbattuto, e catturo solo qualche trotella.
Arrivo dove prima il Doc aveva incannato qualche temolotto pescando a
secca (lui si è già spostato sul ponte e mi osserva come una
piccola vedetta lombarda): continuo con la solita ninfa, ma ho
cambiato il tip. Opto per un tip più sottile, dello 0.14. Il Doc
dall’alto mi indica la grossa sagoma di un temolo; mi suggerisce
dove lanciare e dopo alcune passate, capisco come arrivare sul pesce
correttamente. Il mio bicolor si ferma e ferro: ecco il grosso temolo
che si dibatte in fondo alla lenza; un brevissimo combattimento
(tutto comandato da lui) e…anche questo, si slama. Snocciolo il
solito rosario di bestemmie e il Doc, dal ponte, mi dice anche che
era proprio bello.
Veniamo
controllati da un guardiapesca che, per la nostra felicità, ci
comunica che a monte stanno facendo dei lavori in alveo. Poco dopo
l’acqua si sporca e tentiamo, inutilmente, di portarci a monte del
cantiere che non troviamo. Decidiamo quindi di correre a valle, dove
inizia la riserva e l’acqua (speriamo) non si è ancora
intorbidita: qui il fiume cambia aspetto. Si alternano raschi a lame
medio veloci con discrete buche. Che fare? Opto ancora per la mia
amata 11’, ma considerata la profondità delle buche, allungo il
tip, arrivo a 3 m e ci lego una delle mie ninfe preferite: la
grayling killer sul 16.
Inizio
in testa a una buca con corrente molto sostenuta e mi accorgo che non
riesco ad andare in pesca: applico uno spaccato, anzi due, poi tre…
per farvela breve, alla fine, ne metto sette! Lancio prima della buca
a fine raschio e faccio scendere la ninfa: appena la ninfa arriva in
testa alla buca il bicolor si ferma bruscamente; ferro ed inizia il
combattimento con un bel pesce.
Non capisco subito di che cosa si
tratti perché è inchiodato sul fondo e non riesco a vederlo. Dopo
un combattimento impegnativo, porto a guadino un bel temolo di 42 cm.
Espletato il rito della foto, libero il pesce e ,come sempre, m’
incanto nel vederlo riconquistare le profondità del fiume.
Valerio ed uno dei bei temoli catturati a ninfa |
Mi
riprendo un poco dall’emozione e scambio due chiacchiere con il Doc
e il Cecco che mi dice: ”Con quella cavolo di tecnica riesci ad
andare in pesca molto bene”. Mentre gli rispondo lancio ancora più
o meno nello stesso posto e, appena prima di finire la frase ecco che
il bicolr si ferma secco; ancora ferro e… di nuovo in
combattimento! Impiego un bel po’ di tempo a portare il pesce (un
altro temolo!) a tiro di guadino ed il Cecco mi dice: ”E’ più
grande dell’altro”. Ed io: “ ma no è più piccolo”. E lui:
”Allora vuol dire che se il Teo ha il metro “lungo”, tu ce
l’hai troppo “corto”, dai, misura”. Senza proferire parola
estraggo il metro che da ragione al Cecco: misura 45 cm. La solita
foto, ed ecco il temolo che nuota libero. Sono in estasi sulle rive
di un fiume che dire stupendo, è poco. Svanisce l’effetto
dell’adrenalina e riprendo a spiegare al Cecco quanto questa
tecnica sia micidiale se saputa applicare come Dio comanda; mi metto
leggermente più a valle di prima; lancio quasi svogliato e… cosa
ve lo dico a fare? Il bicolor si blocca e bla bla bla…un altro bel
temolo, appena più piccolo del precedente.
Raggiungiamo
il Doc che nel frattempo si è spostato a monte, ma l’acqua
incomincia a sporcarsi. Fabrizio è seduto su di un grosso masso come
un indiano in attesa del passaggio del cadavere del suo nemico. Sta
fumando con gran soddisfazione un ottimo Toscano: mi avvicino e gli
faccio la domanda di rito: ”Hai preso?” lui: ”Sì, ma niente di
grosso; poi l’acqua si è sporcata e basta”. Tento qualche lancio
e il Cecco mi segue, ma non otteniamo alcun risultato. Torniamo alla
macchina, per terminare la giornata decisamente più a monte, su di
un tratto pianeggiante strepitoso: i lavori sono terminati e qui,
l’acqua sta tornando trasparente! I miei amici cercano le mitiche
marmorate della Soca a streamer con buoni risultati: un bel pesce a
testa ed il Cecco ne attacca una veramente notevole sotto un salice,
che, purtroppo, si slama a galla quasi subito.
Per
concludere degnamente la serata andiamo a cenare in un locale
estremamente raffinato… soprannominato dal Doc “AL PUSTAS”
(località Pri Mostu, sulla curva in corrispondenza del ponte sul
torrente Ucja, poco a monte di Zaga).
Dall’esterno
non mi sembra così tremendo tant’è che i miei due soci iniziano a
dire: ”Beh, avranno dato una rinfrescata”. Entriamo e il locale
non è proprio niente male: nulla a che vedere con i racconti dei due
che narravano di un posto pieno di fumo e odore di fritto, non troppo
pulito, dove venivano servite porzioni da carrettiere!...La delusione
scompare dal volto dei miei amici solo quando si accorgono che la
gestione non è cambiata. Nel menu non manca il mitico FORMAGGIO
FRITTO (l’alimento base del Cecco quando va in Slovenia): sono
molto curioso e finiamo per ordinarne tre porzioni; quindi cotolette
alla viennese per me ed Fabrizio, mentre il Cecco, fedele alla
tradizione, sceglie un tournedos con funghi…di contorno, per tutti,
una carriola di patate fritte!
La
seconda notte in hotel passa senza problemi anche per il Cecco che si
barrica nella sua stanzetta prima di stramazzare tra le braccia di
Morfeo.
Scendiamo
per la colazione e in sala troviamo una mandria di ragazzi in gita
scolastica che, come locuste, mangiano tutto quello che si trovano
per le mani. Riusciamo comunque a fare la solita colazione
abbondante.
Visto
che il tratto alto rischia di essere ancora interessato da lavori in
alveo, decidiamo di pescare nella riserva bassa (zona di Kamno).
Facciamo i permessi da Jazbec, e ci fiondiamo sul fiume.
Questa
volta il paesaggio è diverso: la Soca bassa è un grande fiume di
fondo valle, con ampie lame di media profondità che si alternano a
correntoni impetuosi.
Considerata
la possibilità di pescare anche a secca, sfodero la mia 10 piedi
coda 4.
Raggiungiamo
il greto e ci dividiamo: io e il Doc risaliamo e il Cecco scende.
Arriviamo su una lama veloce con una profondità di un paio di metri:
decido di adottare la tecnica dell’high sticking e monto un tip di
2.5 m. dello 0.16 e una ninfa naturale (la G.R.H.E.) che non mi
delude mai. Dopo qualche ora e una decina di ninfe, nessun risultato.
Anche
Fabrizio, un po’ più a valle non ha preso nulla, così decidiamo
di andare a vedere che cosa ha combinato il Cecco.
Scendiamo
fino a un punto dove la Soca ti permette, grazie ad una schiena
d’asino, di andare in mezzo al fiume e pescare bene il sotto riva
ombreggiato dalle piante. Mentre sto montando una secca da caccia
(una klinkhammer) ho l’impressione di vedere una bollata e Fabrizio
che è leggermente a monte conferma il tutto con una parola:
”BOLLANO!”. Qui il gioco si fa duro: su cosa bollano? Decido di
montare un tip dello 0.12 e una piccola effimera sul 16 in CDC simile
agli insetti che vedo volare sull’acqua. Lancio ripetutamente
cambiando numerose imitazioni, ma ottengo solo qualche rifiuto,
mentre il Doc incanna un paio di trote iridee. Decido allora di
montare un tip dello 0.08 e una piccolissima effimera sul 18 in CDC
chiara, per cercare di bucare i tre o quattro pesci che mi bollano
davanti.
Dopo
qualche lancio che più che curvo direi curvissimo una trota
ghermisce la mia imitazione! La porto a guadino con un po’ di
fatica: è una discreta iridea. La libero, asciugo la mosca con
fazzoletto e sali, un paio di falsi lanci e sono di nuovo in pesca,
ma per una buona oretta niente più: i pesci, disturbati dall’ultima
cattura hanno smesso di bollare.
Faccio
qualche passo a monte e dietro un ramo che accarezza l’acqua, noto
una timida bollata: spero che sia un temolo ed inizio a fare dei
super curvi per presentare bene la mia imitazione, ma niente. Dopo un
po’, colto da un lampo di genio, penso: ”E’ sotto a un ramo,
starà mangiando dei terrestrial!”. Monto la formica del Maitre
Chocolatier Andrea Rossetti e dopo un primo lancio per prendere la
misura, ecco che la mia formica scompare in un gorgo; ferro, ed
eccomi in combattimento! Purtroppo non è un temolo, ma una bella
iridea che porto a guadino e rilascio immediatamente.
Il Cecco e una bella marmorata. |
Ci
portiamo decisamente più a monte, parcheggiamo, e diamo un’occhiata
al fiume. Decido di cambiare canna: prendo la 9’ per la 5 che mi
permette di pescare anche a streamer. Guadagniamo la sponda e il
fiume si presenta più stretto di prima, con dei bei correntini non
troppo veloci e grandi lame dove i pesci potrebbero bollare. Monto
una klinkhammer, faccio qualche lancio, e in stecca prendo tre belle
iridee; quindi saluto il Doc che decide di provare più a valle, ed
inizio a risalire in compagnia del Cecco. Peschiamo convinti, ma
senza grossi risultati. Arriviamo in un punto dove l’acqua diviene
più profonda e veloce; faccio un paio di lanci, poi decido di
cambiare tecnica e rimettere la ninfa. Mi siedo su un masso e
Francesco mi domanda se può lanciare dove stavo pescando appena
prima: ovviamente gli dico di sì. La sua imitazione, dopo la posa,
sparisce in un gorgo degno di un luccio ed inizia il combattimento.
Non capiamo subito di che cosa si tratti; sulle prime pensiamo ad una
bella trota, poi la vista di una grande pinna dorsale ci libera da
ogni dubbio: è un bel temolo! Francesco mi dice che stava pescando
con una Chernobyl ant: sulle prime non ci credo, ma poi vedo
l’artificiale… incredibile… meno male che i temoli mangiano sul
piccolo!
Superata
l’emozione della cattura, tra uno scherzo e una battuta, arriviamo
su una splendida lama con acqua lenta ed una profondità di un metro
e mezzo in cui i pesci erano in attività a galla. Insisto con la mia
Klink e Cecco con la terribile Cernobyl: lui prende un paio di trote
iridee e una marmorata, io niente. Francesco mi consiglia la mitica
PEUTE: taglio; cerco nelle scatole e ne trovo solo una; la monto;
lancio su una bollata e zac!..Ferro un bel temolo. Neanche il tempo
di slamarlo che con la coda dell’occhio vedo il Cecco incannato
un’altra volta, ma il tempo a nostra disposizione sta per finire:
le tenebre stanno calando inesorabili. Lancio nuovamente su una
bollata, ma sbaglio la ferrata: tento ancora, ecco che sale, zac! Una
bella iridea entra nella bocca del mio guadino; la slamo, e rilancio
in cerca di un'altra preda. Ecco la bollata! Ci arrivo ma non gli
piace; riprovo, ma niente. Cambio la mosca, ed alla prima passata
ecco un’altra trota che cade vittima della mia imitazione… una
losca figura si affaccia nel frattempo dal ponte appena sopra di noi:
è il Doc che si è già cambiato e ci saluta dall’alto. Ormai è
notte e decretiamo la fine dei giochi.
Purtroppo
la vacanza volge al termine. Non ci resta che tornare al “Pustas”
per placare la fame da orchi che abbiamo tutti e tre ed andare a
dormire in albergo.
Il
giorno seguente, prima di rientrare in Italia, vengo portato in gita
turistica su altri due splendidi fiumi sloveni: l’Idrijca e l’Unec.
Che
dire? Un viaggio indimenticabile con compagni di pesca fantastici e
amici meravigliosi. Sulla via del ritorno strappo la promessa di
ritornare anche il prossimo anno, per cui, arrivederci all’anno
prossimo!
(Report di Valerio Braghieri)
(Report di Valerio Braghieri)
Torrente Lepena |
La Slovenia, purtroppo, nel corso degli
ultimi trent’anni è cambiata molto e non in meglio.
Un’eccesiva pressione di pesca
consentita da un modello di gestione delle acque troppo speculativo
ha via via decretato un fortissimo impoverimento delle ricche
popolazioni autoctone di temolo e di trota, fario e marmorata.
Sulla Soca, la trota fario non viene
immessa da molti anni onde evitare fenomeni d’ibridazione con la
marmorata, specie endemica di queste acque. In compenso l’iridea
risulta quasi infestante con esemplari di tutte le classi d’età e
la stessa marmorata, un tempo sinonimo di selvaggia ed inoppugnabile
rusticità, oggi viene riprodotta ed accresciuta in allevamento come
le altre trote.
Gli anni 80’e 90’ non ritorneranno.
Ho avuto la fortuna di iniziare a pescare in quest’angolo di
Jugoslavia (una volta si chiamava così) a dodici anni. Qui ho
trascorso le giornate di pesca più entusiasmanti della mia vita:
ricordi indelebili che, a distanza di anni, scintillano nella mente
come uno scrigno di gemme preziose. Il confronto col presente è
decisamente avvilente…tuttavia…le condizioni di salute dei fiumi
e la qualità della pesca non sono cambiati (purtroppo) solo in
Slovenia; i luoghi, a dispetto del tempo che passa, restano
incantevoli e sulla Soca (alta per lo meno) il temolo è
discretamente abbondante e l’incontro con una trota marmorata di
buona pezzatura non pare un evento eccezionale. Insomma, a conti
fatti, mi sento di consigliare a tutti coloro che non conoscono
questa valle di venire a trascorrervi qualche giorno, tenendo
presente che la Soca risente molto e a lungo del disgelo, che di
solito, la rende improduttiva fino all’inizio dell’estate.
(Conclusioni di Francesco Guardabassi)
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