mercoledì 20 agosto 2014

QUALE FUTURO PER LA PESCA IN ZONA "D" ? ( Parte 2)

In occasione dell'articolo scritto sul blog da Francesco Guardabassi, riportato pochi giorni dopo su "Libertà" il quotidiano di Piacenza, mettiamo il link della pronta risposta di Claudio Ghelfi (F.I.P.S.A.S)

Articolo di Francesco Guardabassi del 2 Agosto 2014 
"Quale futuro per la pesca in zona D" - Clicca QUI

Articolo di Claudio Ghelfi del 15 Agosto 2014
"Senza la tutela dell'ambiente la pesca non ha futuro, recuperiamo la biodiversità." - Clicca QUI


Replica di Francesco Guardabassi di oggi, 20 Agosto 2014

Caro Claudio,
ti ringrazio per aver considerato il mio articolo meritevole di una risposta, anche se sono un po' dispiaciuto del tono vagamente polemico di certi passaggi. Proviamo a spiegarci meglio: non mi risulta di avere scritto e comunque, credimi, non ho mai pensato che il declino strutturale e riproduttivo della fauna ittica in Trebbia e Aveto sia dovuto alla semplice mancanza di ripopolamenti, né ho da eccepire rispetto al fatto che i canali o tratti dell'Aveto morto, considerati i risultati, vengano ripopolati mediante la semina di avannotti (anzi!). L'Aveto morto, che anche io considero un gioiello da difendere ad ogni costo è sicuramente uno dei tratti dalla vocazione salmonicola più spiccata della nostra provincia non solo per merito della sua integrità che nessuno mette in discussione, ma perché gode anche, di una serie di peculiarità morfologiche e geografiche (parliamo del tratto più alto dell'Aveto piacentino) che determinando la presenza di un'infinità di ottimi ripari ed un buon livello di ossigenazione delle acque contribuiscono a mantenere abbondante tanto “il popolamento salmonicolo strutturato in diverse classi di età” a cui tu stesso fai riferimento, quanto la fauna bentonica dalla quale i salmonidi traggono sostentamento: il tratto in questione poi, gode dell'apporto di acqua e quindi di trote, di numerosi canali a loro volta ripopolati regolarmente; la zona  di ripopolamento e frega istituita nel tratto Ruffinati - Bosco Grande funge da polmone, e l'accessibilità davvero scarsa di tutto il tratto fa si che venga frequentato da un numero di pescatori relativamente contenuto. Provengo da una famiglia di pescatori di Trebbia e di Aveto. Mio nonno, classe 1917, ha avuto il privilegio di pescare a mosca e a spinning in queste acque a partire dal primo dopo guerra, anni in cui i problemi di degrado ambientale erano nulli o di entità trascurabile tanto in pianura come in montagna. Mi parlava di un Trebbia ricco di ciprinidi come difficilmente oggi possiamo immaginare, dove la fario era si presente, ma poco diffusa. A trote, già allora, si preferiva andare in Aveto, piacentino e genovese. Con il boom della pesca sportiva sono iniziati i ripopolamenti massicci ed indiscriminati che hanno via via decretato la fine delle nostre popolazioni autoctone di trota fario. Oggi il Trebbia vive sicuramente una crisi profonda, ma non dobbiamo meravigliarci del fatto che nel suo corso le trote siano decisamente meno abbondanti che in Aveto, perché in qualche misura, è sempre stato così; fa parte della natura di questo fiume. Pippo Maio a suo tempo, aveva pubblicato uno studio che confermava questa tesi, ma si è preferito fare finta di nulla ed insistere nel voler immettere trote fino all'abitato di Perino. Non ho difficoltà a dirti che, per quanto mi riguarda, è ora che anche noi pescatori a mosca riconosciamo di aver compiuto degli sbagli (fatti in buona fede, come dici anche tu, forse anche per un eccesso di passione): l'avventura della zona a regime speciale di S. Salvatore non è finita bene ed  il peccato originale non è stato tanto voler riservare uno dei tratti paesaggisticamente più belli della val Trebbia alla pesca ad artificiali, quanto aver preteso di impiantare una popolazione massiccia di trota fario in un tratto che non ha mai avuto questa vocazione. So perfettamente che a S. Salvatore qualche trota, anche bella si è sempre presa (e si può catturare tutt'ora), ma questo fatto non sposta di una virgola il concetto espresso nella frase precedente.
In Aveto morto come in alcuni canali, è ancora possibile avere l'opportunità di catturare cinque trote al di sopra della misura minima consentita dalla legge. Al di fuori di queste zone, in ciò che resta dell'Aveto piacentino ed in Trebbia le cose cambiano e a prescindere da ciò che tu possa legittimamente dire o pensare, in zona “D” la pratica del NO KILL o una limitazione ad un solo capo giornaliero di almeno 35 cm. contribuirebbe a preservare il poco che ci rimane. Limitare il prelievo e promuovere la pratica del NO KILL non vuol dire, nel 2014 “non mandare a pescare più nessuno”.
Sono perfettamente d'accordo con te quando affermi che non sono stati i pescatori a ridurre nello stato che ben conosciamo le popolazioni di ciprinidi dei nostri torrenti e non è necessario scomodare un ittiologo per convincermi che eventuali ripopolamenti di pesce “bianco” (che per altro nessuno ha mai messo in pratica) servirebbero a poco o niente.
Occorre senz'altro da parte di noi pescatori, prestare molta più attenzione di quanto si sia fatto in passato alle tematiche di salvaguardia ambientale nella consapevolezza però che l'eliminazione o il semplice contenimento dei diversi fattori di degrado da te elencati, costituiscono un'operazione sicuramente lunga, molto complessa e difficoltosa, che noi pescatori (ne converrai), non possiamo sperare oggi, di compiere da soli.
Anche io, ci mancherebbe, sarei per una gestione “scientifica” volta innanzitutto alla conservazione delle poche “isole felici” che ancora ci rimangono (a questo proposito mi preme segnalare la realtà del torrente Nure e dei suoi affluenti. Anche qui possiamo ancora contare su di una popolazione consistente di trota fario strutturata in individui di diverse classi di età) ed al recupero della naturalità dei tratti compromessi orchestrata da personale esperto e qualificato, che sia in grado di inquadrare i problemi con ragionevole certezza; determinare le cause scatenanti; il grado di incidenza delle une rispetto alle altre, e scegliere una strategia risolutiva. Questi “esperti” però, oggi non ci sono, e probabilmente non saranno a nostra disposizione domani e dopo domani, se non riusciamo ad incrementare le esigue risorse a nostra disposizione.
Per quanto riguarda le turistiche, piaccia o non piaccia, incontrano il favore di molti pescatori, anche con la mosca. Ritengo che da un lato sia corretto prenderne atto e tenerne conto, dall'altro sia doveroso fissare dei paletti ( tardivi, purtroppo) estremamente stretti riguardo al rilascio di nuove concessioni onde evitare un Far West in cui la nascita priva di controllo di tratti turistici dalle scarse probabilità di successo (a causa dell'eccessiva concorrenza reciproca) porterebbe ad un' ulteriore, frammentazione e contrazione delle acque libere. Fatto questo, adoperiamoci al meglio per tutelare quanto di buono è rimasto nei nostri torrenti. In quest'ottica, insisto, il tema del reperimento delle risorse è di assoluto primo piano. Senza risorse, non si può gestire nulla.

Francesco Guardabassi


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